Profile: Francesco

Thoughts about SETI and SETI@home
Il maestro disse: Zilu, ti insegnerò che cos’è la sapienza. La vera sapienza consiste nel riconoscere di sapere quello che si sa e di non sapere quello che non si sa.

Secondo la mia opinione, invece, la sapienza è l’insieme della conoscenza che l’uomo può raggiungere nelle varie materie, scienza, medicina, astronomia, storia, filosofia; così l’uomo nel suo insieme, inteso quindi come specie, raggiungerà prima o poi la sapienza, mentre credo che il singolo non potrà mai avere la conoscenza completa, e quindi la sapienza, atteso il vasto campo che essa ricopre.

Credo che le religioni siano destinate a scomparire, si realizzerà quella che è definita secolarizzazione, però nulla è stato ancora inventato nella nostra società che possa sostituire gli insegnamenti morali (virtù, saggezza, sapienza, ricerca della vita eterna) che ci pervengono da esse, non vi è filosofia, legge o regolamento.

Penso questo sia perché i continui progressi raggiunti in campo scientifico, culturale e tecnologico fanno prediligere tale ipotesi, sia per i motivi che, di seguito, andrò ad esporre.

Dal punto di vista psicologico, tuttavia, le religioni hanno ancora un ruolo importante, infatti, spesso i problemi legati alla convivenza sono facilmente superati se ci si pone uno scopo superiore.

E’ vero che l’individuo ogni giorno si deve confrontare con la necessità di soddisfare le esigenze primarie, quali cibo, casa, acqua, vestiario e che quindi ognuno di noi in fondo è portato a preoccuparsi per se stesso e per la propria famiglia; ma è altrettanto vero che lo sviluppo tecnologico e culturale che abbiamo conseguito è frutto anche dell’aggregazione sociale.

Credo che, in base alla teoria evoluzionistica di Darwin, l’unico scopo di ogni essere vivente sia quello di riprodursi e tramandare i propri geni, come d’altronde avviene ormai da circa 3,5 miliardi di anni sulla Terra.
All’epoca apparvero le prime forme di vita che hanno dato inizio a quella catena, mai interrottasi, che ci permette di essere qui oggi.

Lo scopo della vita sarebbe, quindi, di riprodursi all’infinito.

Chi non si riproduce interrompe questa catena lunga 3,5 miliardi di anni.
Molta gente e molti altri esseri viventi in passato non hanno avuto la possibilità di riprodursi e con essi ha avuto termine la loro catena evolutiva.

Credo, inoltre, che noi non siamo diversi da tutta la materia inanimata presente nell’universo.

Di particelle elementari di materia sono composti gli atomi che a loro volta compongono gli oggetti inanimati presenti nell’universo (stelle, pianeti, gas, polvere interstellare), ma anche le cellule degli esseri viventi sono formate da atomi e, quindi, da particelle elementari di materia.

Alla base delle cellule degli esseri viventi troveremo il dna, le proteine, gli amminoacidi, a loro volta formati da atomi di carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno; anche tali atomi, come già detto, sono costituiti di particelle elementari di materia.

In particolare, secondo la teoria più accreditata (modello standard) le particelle elementari si suddividono in:
· 6 tipi di leptoni (elettrone, muone, tau, tre tipi di neutrino)
· 6 tipi di quark (up, down, charm, strange, top, bottom)
· Particelle mediatrici di forza (gravitone, bosone, fotone, gluone)
Sui leptoni ed i quark, tramite le particelle mediatrici di forza, agiscono le interazioni fondamentali: forza gravitazionale (forse mediata dal gravitone), debole (mediata dal bosone), elettromagnetica (mediata dal fotone) e forte (mediata dal gluone).

Gli atomi, sia che facciano parte di esseri viventi o no, sono composti dalle stesse particelle elementari di materia: elettroni (appartenenti alla classe dei leptoni), protoni e neutroni (costituiti da quark, in particolare up e down).

Gli uomini, a differenza della restante materia inanimata e degli altri esseri viventi, abbiamo sviluppato la consapevolezza di essere vivi, frutto del particolare percorso evolutivo.

Dopo la nostra morte di ognuno di noi rimarrà solo la materia inanimata della quale siamo composti, si estinguerà la nostra vita e con essa anche la consapevolezza di essere stati vivi.

Può un ammasso inanimato di atomi dire di essere stato vivo?

Può l’ammasso di particelle di materia, che rimarrà di noi, ricordare di essere stato consapevole della propria esistenza e di quella di tutto l’universo?

Tutto quello che facciamo o abbiamo fatto, ed ecco il paradosso, è già destinato ad essere dimenticato per sempre da noi stessi, come se non fossimo mai esistiti.

E’ vero che l’universo non scomparirà dopo la nostra morte, ma chi potrà affermare che l’universo esiste se non io ovvero ogni essere umano per conto proprio?

E’ vero che dopo la nostra morte ci saranno altri esseri umani dotati di coscienza, ma per ognuno di loro con il sopraggiungere della morte svanirà la consapevolezza di essere vivi, non serberanno alcun ricordo delle esperienze vissute ed anche per loro sarà come se non fossero mai esistiti.

E’ questo che mi porta a considerare la vita in se stessa, come il bene più fragile e prezioso in assoluto; non considero tale solo la mia di vita, ma quella di ogni essere vivente.

Il religioso direbbe che l’anima sopravvive, mentre il corpo va in decomposizione, ma davvero l’anima esiste?
E poi in quale momento ci verrebbe infusa l’anima?

Forse ciò avviene al concepimento, forse alla nascita o, ancora, durante l’adolescenza?
Si potrebbe, pertanto, ipotizzare che anche l’embrione abbia un’anima; ma cosa avviene per tutti gli aborti ovvero cosa ne è dell’anima di quei bambini che muoiono nei loro primi mesi di vita?

L’anima dell’embrione e quella dei bambini neonati vanno forse direttamente in quel paradiso, che ogni religione pone come traguardo di una vita virtuosa?

Inoltre, cosa avviene delle anime dei malati di mente, di quelle persone che non sono responsabili delle loro azioni?
Vanno, forse, anch’esse direttamente in paradiso?

Perché allora Dio permette che questi bambini ed i malati di mente vadano direttamente in paradiso, mentre gli altri uomini si devono guadagnare questo premio ambito?
Perché questa differenza di trattamento?

E se, invece, ammettessimo che l’anima e Dio non esistono?
Se l’uomo fosse semplicemente il frutto di una serie di eventi prodotti dal caso, nonché indotti dalle leggi della fisica, durante il percorso evolutivo lungo ben 3,5 miliardi di anni, avvenuto sul nostro pianeta?

A questo punto un dubbio mi nasce spontaneo: forse nelle religioni viene chiamata anima, e quindi confusa erroneamente, quella che in realtà non è altro che la “consapevolezza di essere vivi”; capacità, questa, che l’uomo ha acquisito quando da ominide è diventato homo sapiens e che oggi, invece, guadagna quando da bambino diventa adolescente.

L’uomo è da considerarsi esclusivamente il frutto di tale percorso evolutivo contrassegnato dal caso ed esso non possiede un’anima, bensì, come già detto, la capacità di essere consapevole della propria esistenza.

Il religioso direbbe che sia stato Dio ad aver dato inizio alla vita 3,5 miliardi di anni addietro, prevedendo che dal successivo percorso evolutivo sarebbe nato l’uomo.
Questo ragionamento, però, non può essere valido perché gli avvenimenti legati al caso sarebbero stati talmente numerosi, da poter escludere una precisa volontà dietro il loro susseguirsi.

Si potrebbe ipotizzare che tali avvenimenti, apparentemente casuali, siano stati voluti di volta in volta da Dio in un preciso disegno, al culmine del quale vi fosse la figura dell’uomo.

Accettare questa ipotesi significa ammettere che l’uomo si sia evoluto e non, quindi, che sia stato creato, di conseguenza esso non possiede un’anima, ma, come già detto, ha sviluppato la consapevolezza di essere vivo.

Il religioso direbbe, a questo punto, che la teoria divulgata da Darwin sia sbagliata e che, quindi, non vi sia stata alcuna evoluzione delle specie sul nostro pianeta.

Dire questo, però, significa non tener conto delle prove evidenti fornite a supporto di tale tesi dalla paleontologia e dalla antropologia.

Dire questo credo costituisca un grave errore, al pari di quello che rappresentò il processo cui fu sottoposto Galileo per aver difeso la teoria eliocentrica.

Personalmente credo che l’anima e Dio non esistono.

In merito alla figura di Dio, in particolare, voglio, adesso, evidenziare quale sia il mio pensiero.

Sono dell’idea che quando parliamo di Dio, non ci rendiamo conto che attribuiamo a questa figura molteplici significati.

Il primo è quello del giudice supremo che rispecchia il nostro bisogno di giustizia, il quale credo debba essere associato al ruolo politico svolto dalle religioni nella storia.
Forse questo bisogno di comportarci secondo giustizia, più che definirlo “Dio”, dovremmo chiamarlo “coscienza civica” o semplicemente “morale”.

Il secondo aspetto riguarda la percezione naturale che abbiamo di Dio; molta gente dice di sentirsi parte di Esso, credendo di poterLo realmente percepire nella bellezza del creato.

La natura in ogni suo aspetto, gli animali, le piante, la Terra ed i pianeti, la conformazione delle galassie, ci danno la sensazione che ogni cosa sia stata creata nel rispetto di criteri comuni, che rispecchiano, armoniosità e bellezza.
La mia spiegazione riguardo questo secondo aspetto di Dio è la seguente.

L’universo è regolato dalle leggi della fisica ed esse si esprimono nelle forme armoniose che possiamo osservare in tutti gli oggetti presenti nell’universo.
Di ciò abbiamo sempre avuto istintivamente la percezione, ma, erroneamente, l’abbiamo interpretato attribuendone l’origine ad un’entità superiore, che abbiamo chiamato Dio.

D’altronde, credo che lo stesso equivoco dovrebbe essere accaduto, riguardo alla concezione del tempo diffusasi prima della nuova prospettiva introdotta dalla fisica.
Prima si credeva, in un modo alquanto vago, che il tempo fosse una sorta di entità superiore, non meglio definita, che permeasse ogni luogo e ritenuta determinante nel susseguirsi degli eventi.
L’uomo comune pur avendo avuto la consapevolezza dell’esistenza del tempo, non è stato in grado di rappresentarla correttamente.
Ho letto una citazione di Sant’Agostino (354-430 D.C.) che diceva: “Il tempo so che cosa è, ma se devo spiegarlo a chi me lo chiede, non so che cosa è”.
Lo stesso si potrebbe dire avviene nel momento in cui dobbiamo descrivere cosa è Dio.

Tramite la scienza la concezione del tempo è stata ricondotta a quella di una semplice grandezza fisica, al pari delle altre dimensioni.

Riguardo Dio, presumo, per quanto ho sopra esposto, non sia altro che le stesse leggi della fisica che si esprimono nel modo armonioso che osserviamo sia nell’estremamente piccolo, atomo, sia nell’estremamente grande, universo.
Ho letto, in una pubblicazione a carattere scientifico, che vi sarebbe una regola non scritta della fisica, secondo la quale nell’eventualità di doversi confrontare con più teorie valide che descrivono lo stesso fenomeno, si debba scegliere quella più armoniosa ed, infatti, proprio l’armoniosità e la bellezza che possiamo scorgere nelle forme degli oggetti presenti nell’universo sembrerebbero confermare questa regola.

Inoltre mi vorrei ricollegare alla teoria che vedrà unificare la meccanica quantistica e la relatività.
Ho letto, in varie pubblicazioni scientifiche, che si è giunti alla conclusione che le forze che regolano la materia, le interazioni fondamentali (forza gravitazionale, debole, elettromagnetica e forte), coesistono in questo universo, perché presumibilmente accomunate da un’unica teoria, non ancora formulata; più specificatamente tre di queste interazioni sono state associate nella teoria definita “modello standard”, non è stata ancora formulata quella che comprenda anche la forza di gravità.
Forse potrebbe essere questo aspetto della materia, ancora sconosciuto, o semplicemente le già note interazioni fondamentali, il collante dell’universo, che l’uomo comune ha sempre percepito, come è accaduto con l’idea del tempo, e, non sapendolo spiegare in altro modo, lo ha chiamato Dio.

In altre parole: può un essere vivente evolutosi da particelle elementari di materia, plasmato dalle stesse leggi della fisica ovvero dalle stesse interazioni fondamentali che hanno plasmato la restante materia presente nell’universo, non dire, nel momento in cui ha sviluppato la consapevolezza della propria esistenza, di sentirsi parte di tale universo e di apprezzare le forme degli altri oggetti che in esso vi può scorgere?

Nel Buddhismo questo sentirsi parte di un qualcosa di più grande e di indescrivibile viene chiamato “Illuminazione” o “risveglio”. Il “dharma” è la via da seguire per giungere al risveglio.
Una volta, in autunno, Gautama il Buddha stava attraversando una foresta. La foresta era coperta di foglie secche e Ananda, trovandosi solo con lui, gli chiese: Ho sempre voluto farti una domanda, ma di fronte agli altri non ho mai osato. Dimmi la verità: ci hai detto tutto ciò che sai, oppure trattieni ancora qualche segreto?
Guatama il Buddha prese una manciata di foglie dal terreno e disse ad Ananda: Vi ho detto soltanto l’equivalente di questo pugno di foglie, ma ciò che so è vasto quanto la totalità delle foglie di questa foresta. Non che io voglia trattenere, semplicemente è impossibile. Perfino parlare di poche foglie è uno sforzo immane, poiché passa semplicemente al di sopra della vostra testa. Voi conoscete i pensieri, ma non avete mai sperimentato l’assenza di pensiero. Conoscete le emozioni, ma non avete mai conosciuto uno stato dell’essere in cui tutte le emozioni sono assenti, come se tutte le nuvole in cielo fossero svanite.
Ebbene, sto facendo del mio meglio, disse il Buddha, ma attraverso le parole non è possibile trasmettere più di questo. Se potessi farvi comprendere che nella vita esiste molto di più di quanto le parole possono contenere, se riuscissi a convincervi che esiste qualcosa di più di ciò che la vostra mente conosce, sarebbe più che sufficiente. In quel caso il seme sarebbe seminato.
Il Buddha professa la negazione del sè di ogni essere vivente e di ogni oggetto l’anatman, invogliando all’acquisizione della consapevolezza che tutto fa parte di un sè più grande, l’universo intero.
Il granello di polvere è in se stesso l’universo e, se non esistesse, nemmeno l’universo esisterebbe.

Nel Taoismo viene dato il nome di “Tao” a ciò che nelle principali religioni monoteiste potrebbe essere definito Dio, ovvero un “qualcosa” di immenso e di indescrivibile.
Il Tao è al di là delle parole
e al di là della comprensione.
Le parole possono essere usate per parlarne,
ma non possono contenerlo.

Il Tao esisteva prima delle parole e dei nomi,
prima del cielo e della terra,
prima delle diecimila cose,
liberati dei nomi,
dei concetti,
delle aspettative, delle ambizioni e delle differenze.

Mi permetto, inoltre, di citare una lode scritta da San Francesco da Assisi, che credo sia attinente:
Fratello Sole e Sorella Luna (Dolce Sentire)
· Dolce sentire come nel mio cuore ora umilmente sta nascendo amore. Dolce capire che non son più solo, ma che son parte di una immensa vita che generosa risplende intorno a me: dono di lui, del suo immenso amor
· Ci ha dato il cielo e le chiare stelle, fratello sole e sorella luna, la madre terra con frutti, prati e fiori, il fuoco, il vento, l’aria e l’acqua pura, fonte di vita per le sue creature.
· Sia laudato nostro Signore, che ha creato l'universo intero
· Sia laudato nostro Signore, noi tutti siamo sue creature: dono di lui, del suo immenso amor
· Beato chi lo serve in umiltà.

Il religioso direbbe che se ci sentiamo parte di questo universo è semplicemente perché siamo stati creati insieme, noi e l’universo, da Dio; ma davvero Dio esiste?

Perché non accettare l’idea che siamo il frutto di una serie di eventi, in parte casuali ed in parte prodotti dalle interazioni fondamentali, senza dover per forza ricorrere a spiegazioni trascendentali?

Ai loro tempi, il Buddha ha vissuto dal 563 al 483 A.C., mentre San Francesco dal 1181 al 1226 D.C., nulla si sapeva al riguardo delle interazioni fondamentali o più in generale delle leggi della fisica; come potevano essi spiegare in altro modo quello che provavano, se non con termini di estasi e di immensità: l’uno (San Francesco) riferendole a Dio, l’altro (Buddha) ad un qualcosa che non era in grado di illustrare tramite le parole.
Ognuno di loro ha cercato di dare una spiegazione di quello che hanno provato, ma erano limitati dal contesto culturale nel quale hanno vissuto.
Con questo nulla voglio togliere alla statura morale delle loro figure ed alla bontà delle loro azioni, ma essi non sapevano, non potevano sapere.

Il terzo aspetto di cui vorrei parlare è quello del Dio creatore; ma su di esso non sono in grado di dire nulla, poiché credo che tale figura sia strettamente legata all’interrogativo ancora insoluto, del quale dirò più avanti, riguardante l’origine della materia.

Vi è, in ultimo, un altro aspetto relativo alla figura di Dio, ma credo che sia marginale rispetto a quelli di cui ho già detto.

L’uomo fa parte di una complessa struttura sociale (società, stato, nazione) ed ogni attività, sia manuale sia intellettuale, che esso svolge è parzialmente finalizzata al suo funzionamento.
Ad esempio, il lavoro ha lo scopo principale di procurare all’uomo il necessario per il proprio sostentamento e per quello della propria famiglia, ma tale attività ha anche il ruolo implicito di contribuire, unitamente al lavoro svolto dagli altri individui, al corretto funzionamento della società.

Nelle religioni tale aspetto del lavoro svolto dall’uomo è vissuto con la credenza che ogni attività debba essere svolta in comunione con Dio, come se Esso fosse l’unico fine di qualsiasi sforzo compiuto.
L’individuo, invece di dedicare il proprio lavoro a Dio, azione moralmente ineccepibile ma praticamente inutile dato che Dio non esiste, dovrebbe avere più cognizione della funzione sociale delle proprie azioni; si avrebbe, pertanto, una maggiore consapevolezza dell’importanza della società, vi sarebbe più rispetto delle norme che ne regolano il corretto funzionamento, con un conseguente arricchimento della coscienza civica sia individuale, sia collettiva.

Nella società contemporanea, complessa ed articolata, ogni attività svolta dal singolo si integra con quelle degli altri individui: per cui avremo qualcuno che si dedicherà all’agricoltura, qualcuno all’allevamento degli animali, qualcuno alla produzione degli altri alimenti, chi venderà gli abiti, chi costruirà le case, chi semplicemente si occuperà delle attività di ricreazione e svago; ebbene se non vi fosse questa ripartizione di ruoli potrebbe, oggi, il singolo individuo provvedere da solo al soddisfacimento delle proprie esigenze primarie e non?
Se a queste attività che ho descritto aggiungiamo anche il lavoro insostituibile svolto dai medici negli ospedali, dagli insegnanti nelle scuole ed il progresso tecnologico che deriva da quello svolto dagli scienziati, ecco che potremmo avere un’idea più completa dell’importanza sociale del lavoro svolto da ogni individuo.

In questa prospettiva l’individuo assumerebbe, quindi, una figura centrale, divenendo il fulcro della società odierna, sempre più complessa, ma sempre più dipendente per il suo funzionamento dall’attività del singolo.
Il fine di ogni individuo sarebbe adesso di contribuire al funzionamento della società, non più fredda ed impersonale, ma luogo di incontro, progresso, civiltà, basato sulla necessaria componente individuale.

In questo ingranaggio è facile che si perdano dei pezzi: essi sono gli ultimi, i poveri, i malati, gli anziani abbandonati a se stessi, coloro che sono sopraffatti dalle difficoltà della vita.
Ebbene a che serve creare una società perfetta se non avremmo escogitato anche un metodo perfetto per recuperare gli ultimi?
E poi, l’ho già detto in precedenza, considero la vita il bene più fragile e prezioso in tutto l’universo; non considero tale solo la mia vita, ma quella di ogni essere vivente.

Non di meno penso che l’aspetto sociale dell’uomo vada considerato in un contesto più ampio del singolo stato o nazione; credo che a tal proposito un insegnamento morale importante ancora ci perviene dalle religioni, le quali non fanno alcuna distinzione di razza o nazionalità.
La storia, inoltre, afferma che l’uomo tende ad aggregarsi in strutture sociali sempre più grandi ed, infatti, notevoli progressi in tal senso sono stati compiuti da quando esso viveva in piccole tribù, nelle caverne o in villaggi isolati, fino ai giorni nostri, nei quali si parla sempre più spesso di globalizzazione.

Credo che l’uomo contemporaneo potrebbe essere in grado di rispondere alle classiche domande di sempre.

Chi siamo?
Non siamo altro che particelle elementari di materia che hanno preso vita; forse ciò è accaduto a causa della proprietà periodica (proprietà chimica) degli atomi dei quali siamo costituiti e da concomitanti fattori ambientali, che si sono verificati sulla Terra 3,5 miliardi di anni fa.

Sono dell’idea che i due elementi siano stati entrambi determinanti; infatti, la restante materia inanimata presente sulla Terra, non avrebbe mai potuto prendere vita, e non lo ha fatto, proprio a causa della diversa struttura atomica che la distingue; mentre i processi che hanno dato origine alla vita, non si sono più ripetuti, proprio perché non vi sono più state le condizioni ambientali primordiali.

Forse la vita è stata portata sulla Terra da meteoriti, comunque, anche in questo caso rimane plausibile la considerazione che la vita si è originata, in qualche parte dell’universo, evolvendosi da atomi inanimati. Questo lo dico poiché è evidente che gli esseri viventi abbiamo in comune con gli oggetti inanimati, presenti nell’universo, le stesse particelle elementari di materia (elettroni e quark).

Da dove veniamo?
Veniamo semplicemente da questo universo, del quale facciamo parte al pari delle stelle e dei pianeti, che, come noi, sono costituiti da particelle elementari di materia.
Forse piuttosto che dire da dove veniamo, dovremmo dire: da dove viene la materia?
Di essa ancora non si conosce la provenienza.

Forse a questo affascinante interrogativo potranno dare risposta gli studi sulle particelle elementari o la meccanica quantistica più in generale.

Il religioso direbbe che la materia è stata creata da Dio, ma nell’ipotesi che Dio non esistesse allora saremmo inevitabilmente costretti a cercare un’altra spiegazione.
C’è da dire che quest’ultima affermazione è molto importante, quasi fondamentale: la materia deve aver avuto un’origine, sia nell’ipotesi che Dio esista, sia che Esso non esista.

Dobbiamo, comunque, ipotizzare la formazione della materia senza dovere ammettere l’esistenza di un qualcosa di preesistente, in quanto a sua volta dovremmo trovare una spiegazione per la formazione di questo qualcosa e così via all’infinito indietro nel tempo.
Forse, la materia è eterna, ma anche se è eterna rimane sempre valida la domanda: da cosa ha avuto origine e come?

Da questo vicolo cieco si potrebbe uscire ammettendo l’esistenza di Dio? Non credo che questa possa essere una soluzione, in quanto anche in questo caso si pone la domanda: Dio da cosa ha avuto origine?
Il religioso direbbe, ancora, che Dio è al di sopra dello spazio e del tempo, per cui tale figura sfugge alla percezione della realtà che noi abbiamo.
Io credo che Dio non esista, ma per onestà intellettuale non potendo trovare una soluzione all’origine della materia, allo stato attuale, con le conoscenze attuali, nessuna ipotesi si può escludere, nemmeno che essa sia stata creata da Dio.

Dove andiamo?
Andiamo verso l’eternità, questo lo penso in considerazione del fatto che come esseri viventi esistiamo e ci riproduciamo sulla Terra da 3,5 miliardi di anni e continuiamo a farlo; ulteriormente credo che ci stiamo incamminando in direzione di una probabile autonomia da quell’ambiente che oggi ci necessita per vivere.

Mi spiego meglio con l’esempio della pianta che vive in un vaso e che continuerà a vivere fino a quando nella poca terra, che ha a disposizione, non si esauriranno le sostanze nutritive di cui necessita.
Forse la pianta per sopravvivere dovrebbe uscire dal vaso e cercarsi un nuovo ambiente ricco di sostanze nutritive: ma la pianta non è in grado di fare questo. Noi, invece, abbiamo la capacità di farlo e se riusciremo a creare degli habitat a noi favorevoli al di fuori del nostro pianeta, avremo compiuto il grande passo verso la sopravvivenza, che la pianta, invece, non potrà mai fare.

La nostra tecnologia ci sta lentamente portando all’esplorazione degli altri pianeti: se solo concentrassimo i nostri sforzi in tal senso, piuttosto che farci la guerra per accaparrarci le poche risorse che ci offre oggi la Terra, chissà che sviluppo potremmo raggiungere in tempi brevi.

Spesso paragono il viaggio di Cristoforo Colombo, oltre le “Colonne d’Ercole”, all’esplorazione dell’universo che oggi ci apprestiamo a compiere.
Credo che sia evidente che l’uomo ha sempre più bisogno di materie prime e di fonti energetiche ed a nulla potrà servire il risparmio energetico o il riciclaggio delle materie prime, in quanto la crescente domanda, dovuta al costante progresso tecnologico, finirà con il prosciugare le risorse che il nostro pianeta ci offre.

In tutto questo credo che abbia anche una certa importanza quanto asserito dalle leggi della termodinamica; esse affermano che in un sistema isolato, in qualunque parte dell’universo, c’è una quantità misurabile di energia che viene definita energia interna del sistema (primo principio della termodinamica). Si tratta dell’energia totale, potenziale e cinetica, degli atomi e delle molecole che costituiscono il sistema.
Il valore di tale energia interna può cambiare attraverso il trasferimento di massa dal o al sistema, attraverso il trasferimento di calore dal o al sistema, attraverso il lavoro che viene effettuato o subito dal sistema.
In quest’ultimo caso se il lavoro è compiuto dal sistema, mediante processi naturali, che in genere sono sempre irreversibili, l’energia di tale sistema isolato è destinata a diminuire, con un conseguente aumento dell’entropia.

L’entropia è la grandezza che misura l’indisponibilità dell’energia di un sistema a compiere lavoro; cioè maggiore è l’entropia, minore è l’energia disponibile per compiere lavoro (secondo principio della termodinamica).

La nostra società può essere considerata un sistema isolato, la cui energia interna deriva dalle risorse che ci offre oggi il nostro pianeta ovvero il nostro sistema solare; inevitabilmente l’energia interna contenuta in tale sistema si esaurirà, come previsto dalle leggi della termodinamica, a meno che esso non diventi aperto, tramite l’immissione di nuova materia o energia.
L’espansione verso altri pianeti ovvero altri sistemi solari, credo costituisca l’unico metodo per rendere aperto il nostro sistema.

Qualcuno potrebbe obbiettare che l’universo nel suo insieme costituisce pur sempre un sistema isolato e che in esso l’entropia è destinata ad aumentare, vi sarà sempre meno energia per compiere lavoro e si giungerà a quella che viene definita “morte termica”; ma l’universo è talmente grande che prima che si esaurirà l’energia presente in esso, trascorreranno ancora miliardi di anni, in tale lasso di tempo l’uomo avrà sicuramente trovato una soluzione a tale problema o, chissà, forse non vi riuscirà mai.

In tutte queste considerazioni che ho fatto su Dio e sulla vita in genere, un elemento comune, che intendo sottolineare, è l’assenza di spiegazioni trascendentali: non esiste alcun Dio e, così pure, non esiste alcun fine esegetico al quale siamo predestinati.

Credo, invece, che noi e l’universo intero siamo fatti così solo per motivi pratici: la materia della quale siamo costituiti, e della quale è costituito l’universo, risponde esclusivamente alle leggi della fisica ed ha assunto, ed abbiamo assunto, l’attuale forma solo in considerazione di esse.

Noi siamo il frutto di una serie di eventi, in parte casuali ed in parte indotti dalle leggi della fisica, che hanno condotto dal Big Bang alla comparsa di esseri pensanti, quali noi siamo; non ha senso chiederci se l’universo avrebbe potuto essere differente, poiché l’unica realtà è questa che viviamo; avrebbe potuto essere differente ed oggi non saremmo qui a testimoniarlo, invece non lo è stato ed oggi siamo qui a testimoniarlo.

Se dopo la morte non vi è nulla, questo non ci deve preoccupare poiché se abbiamo agito per il progresso della società, avremo preparato un futuro migliore per i nostri figli e per tutti gli altri uomini.
Aver preparato una società migliore, per i nostri figli e per gli altri, sarà talmente appagante che riuscirà a colmare il vuoto che l’idea della morte ci può procurare.

Non dovremmo per forza compiere atti eccezionali, basterà semplicemente svolgere il nostro lavoro quotidiano e seguire le regole di civile convivenza (coscienza civica), nella consapevolezza che questi semplici comportamenti serviranno per il funzionamento ed il progresso della società nella quale vivranno i nostri posteri.

E’ da molto tempo che rifletto sulla struttura dell’universo, in proposito ho formulato le seguenti considerazioni.

Penso che non si può dare torto a chi crede che l’universo non sia infinito; infatti, è impossibile immaginare un oggetto fisico che sia sempre più grande senza mai fine, ma è pur vero che quando cerchiamo di immaginare quali siano i suoi confini dobbiamo, invece, fare i conti con l’idea dell’infinito.

Ho letto della teoria definita “dell’universo a bolle” o “universo inflazionario”.
In questa teoria è succintamente ipotizzato che il nostro universo non sia altro che una bolla formatasi in un immenso magma, di natura non meglio definita, nel quale le leggi della fisica, a noi conosciute, non hanno valore.
Tale magma è quindi fuori dal tempo, così come lo concepiamo noi, ed in esso la materia assume forme diverse da quelle a noi conosciute.
In questo magma si formano delle bolle, come il nostro universo, nelle quali la materia si raffredda, assume le forme a noi note ed è, quindi, soggetta alle leggi della fisica che conosciamo.

In questa teoria, mi sembra che un punto di contraddizione sia il volere inserire a forza il nostro universo in un ambiente nel quale si annullino tutte le leggi della fisica conosciute; ciò, secondo me, avviene semplicemente perché non si riesce ad immaginare un universo che sia infinito.

Per onor del vero questa teoria risolverebbe l’interrogativo sull’origine della materia, che ho posto nelle pagine precedenti, in quanto essa prevede l’esistenza di un magma, tutto a torno il nostro universo, nel quale le leggi della fisica, a noi familiari, non trovano applicazione.

Tale magma sfugge alla percezione della realtà che noi abbiamo ed in esso non ha senso, pertanto, chiedersi da dove ha avuto origine la materia, proprio perché le leggi della fisica con le quali abbiamo familiarità, e quindi lo spazio ed il tempo come li conosciamo noi, non trovano applicazione.

In altre parole questa teoria è molto simile all’affermazione del religioso, secondo la quale non ha senso chiedersi da cosa Dio ha avuto origine poiché Esso è al di fuori dello spazio e del tempo.

Io non credo, però, che entrambe le soluzioni siano delle risposte valide al nostro interrogativo, in quanto esse non risolvono il problema dell’origine della materia, semplicemente lo aggirano, ipotizzando un qualcosa, Dio o il predetto magma, che per delle loro proprietà sconosciute si sottraggono alla nostra normale comprensione.

Non credo che la soluzione si possa trovare fuggendo dalla razionalità, ammettendo l’esistenza di un Dio la cui natura non può essere compresa, oppure annullando le leggi della fisica che regolano tutta la materia presente nell’universo; forse essa va cercata proprio in questo universo nel quale siamo immersi e del quale facciamo parte, senza crearci risposte artificiose o soprannaturali.

Ho letto anche della geometria non euclidea applicata alla struttura dell’universo; ho letto che secondo tale teoria la curvatura dello spazio può essere negativa, positiva o nulla; quando è positiva lo spazio, e quindi l’universo, assume la forma di una sfera detta ipersfera; essa non è infinita, ma allo stesso tempo, al pari di ogni sfera, non ha un inizio ed una fine, per cui potrebbe apparire senza limiti, pur essendo finita.

Anche in questo caso mi sembra che si ravvisi un’altra contraddizione dovuta alla necessità di far collimare l’idea dell’infinito non applicabile ad un oggetto fisico e la necessità di trovare dei confini a questo universo.

La sfera raffigurata nella geometria non euclidea, che raffigura l’universo nel suo complesso, pur non avendo un inizio ed una fine, ha pur sempre una massa che non è infinita ed i confini sono rappresentati dalla sua circonferenza, oltre la quale cosa vi è?

L’ipotesi che io azzardo è che forse l’universo sia costituito da due “componenti”.
L’uno, la materia distribuita sotto forma di ammassi di galassie, gas, polveri interstellari, che vista nel suo insieme costituisce un oggetto fisico avente una massa grandissima, ma non infinita; l’altro, il vuoto interstellare che permea ogni punto dell’universo, che non ha alcuna massa, che non è un oggetto fisico e che, quindi, non riesco a non immaginare infinito.

Il “nulla”, che non è un oggetto fisico, potrebbe essere infinito, a differenza della materia che ha una massa, nel suo insieme grandissima, ma non infinita.

Se accettiamo l’idea del nulla, che non è costituito da alcuna massa, che non è un oggetto fisico, allora si che assume importanza il concetto di infinito.
In esso, nel nulla infinito, la mia mente si perde.

In questo caso quando pensiamo ai confini dell’universo potremmo parlare esclusivamente della massa di tutta la materia esistente e possiamo considerarla non infinita, indipendentemente dalla forma che essa assume nel suo insieme, ipersfera o altro; il vuoto potremmo considerarlo, per contrapposizione, come un qualcosa che non può essere misurato, poiché non costituito da materia, ed infinito.

Credo che sia difficile concepire l’idea di un qualcosa che non sia fisico e che quindi non può essere misurato, ma se accettiamo questo modello, ecco che potremmo davvero considerare l’esistenza dell’infinito.

La provocazione che voglio lanciare è la seguente.

Attualmente lo spazio interstellare è considerato come una componente di questo grande oggetto fisico che è l’universo, ma se per un attimo pensassimo l’esatto contrario: nello spazio interstellare, vuoto ed infinito, si trova sparsa la materia presente in maniera più o meno densa.

Una riflessione da vagliare è che si potrebbe finalmente superare la difficoltà di doversi confrontare con la giusta idea dell’infinito non applicabile ad un oggetto fisico.

La mia è un’ipotesi semplice per spiegare la struttura dell’universo, ammettendo l’esistenza di uno spazio vuoto ed infinito, che non è un oggetto fisico, nel quale si trova sparsa la materia, presente in maniera più o meno densa, la cui massa totale costituisce si un oggetto fisico non infinito.

Forse in un suo infinito vagare, la materia, si è aggregata più volte in grandi ammassi che poi sono collassati in enormi esplosioni. Forse in questa prospettiva si spiegherebbe l’apparente espansione dell’universo.
Forse questa grande esplosione è avvenuta una sola volta, come ipotizzato nella teoria del Big Bang; ma, comunque, anche in questo caso, quando l’universo, prima dell’esplosione iniziale, era racchiuso in un’unica sfera, da cosa era attorniata questa sfera se non dallo spazio vuoto e, forse, infinito?

Ho letto della teoria della “Energia di punto zero”, secondo la quale non può esistere il vuoto assoluto ovvero non è possibile togliere tutta la materia o l’energia da un ambiente in modo da creare il vuoto assoluto; vi è un limite minimo di energia che non può essere sottratto e che quindi rimane sempre presente.

Quello che tale teoria dice è che non è possibile eliminare tutta l’energia o la materia presenti in un ambiente, non tanto il fatto che non esista da qualche parte nell’universo il vuoto assoluto ed, inoltre, come può accordarsi essa con il secondo principio della termodinamica? Non entra, tale teoria, in conflitto con il concetto di entropia e con quello di morte termica dell’universo?

Riguardo al concetto di spazio vuoto io intendo rappresentare lo spazio senza materia o energia, vuoto perché in esso non vi è presente alcuna materia o energia da togliere.

Mi spiego meglio riprendendo l’ipotesi della teoria del Big Bang: l’universo, quando era racchiuso in un’unica sfera, prima della grande esplosione, era attorniato dallo spazio vuoto e tale spazio doveva essere vuoto, proprio perché ancora non era stato occupato dalla materia e dall’energia propagatesi successivamente.
Che tale spazio fosse vuoto lo dimostra il fatto che l’universo ha potuto espandersi, altrimenti come avrebbe potuto farlo?

Attualmente l’universo, ovvero la materia presente nello spazio sottoforma di ammassi di galassie, è in espansione, ma se non vi fosse spazio vuoto nel quale potere espandersi potrebbe accadere ciò?

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